Che gli anfibi siano tra gli animali maggiormente in crisi a
causa delle attività antropiche è ormai cosa risaputa da anni e su cui gli scienziati
di tutto il mondo hanno prodotto montagne di articoli e hanno costruito
carriere accademiche. Ogni tanto una nuova ricerca fa luce su qualche aspetto
fino a quel momento ignorato, magari per disattenzione, o per difficoltà
tecniche nel realizzare osservazioni ed esperimenti.
Di recente mi sono imbattuto su una nuova pubblicazione sulla rivista scientifica Ecotoxicology prodotta dai ricercatori dell’Istituto di Scienze Ambientali dell’Universitàtedesca di Koblenz-Landau, che analizza l’effetto dell’esposizione ai pesticidi
sul successo riproduttivo del rospo comune (Bufo bufo) in ambiente
agricolo viticolo.
Che gli anfibi non apprezzino particolarmente la presenza (e
l’abbondanza) di pesticidi nelle acque e, in generale, negli ambienti in cui vivono c’è da
aspettarselo. E ovviamente ciò vale non soltanto per gli anfibi, ma sicuramente
per un gran numero di altri organismi , incluso l’uomo. Ciò che però Elena
Adams e i suoi colleghi sono riusciti ad osservare probabilmente per la prima
volta, è l’effetto sul successo riproduttivo degli anfibi in condizioni
naturali. Le informazioni che oggi abbiamo sulla questione derivano infatti
quasi esclusivamente da osservazioni ed esperimenti condotti in laboratorio,
lasciando sempre il dubbio che le condizioni artificiali possano in qualche
maniera falsare le conclusioni ottenute.
Personalmente ho sempre apprezzato le ricerche semplici, con
domande chiare e metodi di analisi non troppo sofisticate, ed è per questo che
la ricerca di cui vi parlo mi sembra abbia un valore aggiunto che vada oltre le
frequenti conclusioni difficili da interpretare di molte pubblicazioni che
popolano le riviste scientifiche.
Ebbene, i ricercatori tedeschi hanno avuto la fortuna di
imbattersi, in un contesto agricolo viticolo, in una serie di stagni con varie
concentrazioni di residui di pesticidi, stagni utilizzati dai rospi per
riprodursi. In questo modo hanno potuto analizzare gli effetti sul successo
riproduttivo in funzione della concentrazione di pesticidi presenti nell’acqua.
I risultati hanno permesso di dimostrare che a maggiori
concentrazioni di pesticidi non corrisponde un minor numero di uova deposte
dalle femmine di rospo, bensì una minore percentuale di fertilizzazione e una minore vitalità dei girini e quindi un minor
numero di quelli che riesce a raggiungere la metamorfosi. Insomma, gli effetti
principali non sembrano manifestarsi direttamente sugli adulti bensì sulle
giovani leve, riducendo di fatto la fitness (il successo riproduttivo)
degli adulti stessi.
Interessante direi, soprattutto alla luce del fatto che il
settore viticolo coinvolge una superfice assai consistente degli agroecosistemi
presenti in Europa, basti pensare che nella sola Italia le superfici vitate
corrispondono a quasi 700mila ettari.
Ovviamente il problema dei residui di pesticidi nelle acque non coinvolge solo le aree agricole a vite, così come non sono interessati solo gli anfibi anzi, temo che altre tipologie agrarie possano contribuire in modo ancora più consistente. Ma al momento abbiamo questo tipo di informazioni su cui riflettere. E su cui intervenire! Perché sapere quali sono i problemi non è sufficiente. Intervenire per risolverli è la parte più importante, e anche la più difficile. Volontà politica e strategia sono fondamentali. Così come la conoscenza, e una saggia gestione del territorio che preveda l’utilizzo ponderato e attento dei fitofarmaci sono comportamenti strategici per raggiungere il corretto equilibrio tra uomo e natura.
Francesco Lillo
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